Arrampicata libera e free solo
A mani nude, con i piedi e il supporto del corpo o parte di esso, l’arrampicata libera o free climbing è sinonimo di sport estremo. Chi può praticarlo e dove?
A mani nude, con i piedi e il supporto del corpo o parte di esso, l’arrampicata libera o free climbing è sinonimo di sport estremo. Chi può praticarlo e dove? Lo abbiamo chiesto a Paolo, architetto milanese e istruttore di arrampicata, Everyday Climber di nome e di fatto.
Everyday Climbers (EC): Quando nasce la tua passione per l’arrampicata?
Paolo: 5 anni fa circa. Andavo in palestra abbastanza regolarmente. Mi dilettavo nelle trazioni – esercizio fisico fondamentale per l’arrampicata – quando una persona mi ha visto e proposto di arrampicare. Da quella prima domenica di arrampicata nel lecchese ne ho persi pochi di weekend. È stato amore a prima vista.
EC: Dove pratichi e quanto?
Paolo: Mi alleno in palestra su muri artificiali 3/4 volte alla settimana. Ho anche un piccolo pannello casalingo. L’esercizio è finalizzato all’attività fuori, su pareti di roccia durante il fine settimana.
EC: Pratichi l’arrampicata libera o con supporti?
Paolo: A volte si confonde il vero significato di arrampicata libera o free climbing. Per arrampicata libera si intende effettuare un itinerario proposto, indoor o outdoor indistintamente, progredendo verticalmente con il solo ausilio di mani e piedi, cioè senza usare staffe o altri strumenti artificiali. È chiaro che i punti di ancoraggio ci sono: chiodi, rinvii (coppie di moschettoni) e corda, ma servono solo ed esclusivamente a salvare l’arrampicatore in caso di caduta e non come strumenti per facilitarne la salita, tirandoli o rimanendoci appesi per riposare. L’arrampicata senza corda e protezioni si chiama, invece, free solo.
EC: Qual è la differenza tra questi due modi di arrampicare?
Paolo: Fino alla fine degli anni ’70, l’obbiettivo era arrivare in vetta, qualsiasi fosse la maniera di farlo (si scalava con gli scarponi). Esaurite, o quasi, le cime da conquistare, è cambiato l’approccio basato più sulla ricerca della difficoltà, del gesto atletico.
Sono nate le scarpette d’arrampicata e si è cominciato ad allenarsi appositamente per questo sport. L’ obbiettivo è diventato vivere l’esperienza della salita, si è iniziato a scalare per la scalata e non più per la vetta, per imparare a muovere il corpo adattandone le posture a ciò che la roccia offre.
Il free solo altro non è che la massima espressione di questa ricerca, la necessità di una concentrazione totale e di nessun margine di errore.
EC: Il free climbing è da considerarsi uno sport estremo? Possono praticarlo tutti e a che condizioni?
Paolo: L’arrampicata libera non è uno sport estremo, a differenza del free solo. Chiunque può praticarlo, ad ogni età. Le condizioni sono quelle della sicurezza dei nodi, delle manovre, dei materiali.
EC: Secondo te, quali sono le sfide maggiori da affrontare quando si arrampica?
Paolo: Ognuno ha le sue, difficile trovarne uguali per tutti. Io arrampico perché mi fa stare bene, mi fa sentire vivo, perché sento muoversi tutto il mio corpo. La mia sfida maggiore è forse spingermi oltre i miei limiti fisico-tecnici, ogni volta un po’ più in là e questo finisce per giovare anche a ciò che faccio nella vita di tutti i giorni.